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venerdì 15 marzo 2013

BERGOLIO DI RICINO


  • La morte del genocida Emilio Massera e la riluttante testimonianza del cardinale Jorge Bergoglio nel caso ESMA, hanno di nuovo posto al centro della scena il ruolo sinistro svolto dalla gerarchia cattolica durante la dittatura militare.




    Il cardinale Bergoglio ha dovuto testimoniare davanti alla Corte Federale a maggio in relazione alla scomparsa dei sacerdoti gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalic, presi dalla ESMA, quando questa ha ricoperto il ruolo principale della Compagnia di Gesù in tempi di dittatura militare .


    Bergoglio è stato chiamato a testimoniare dal tribunale, ma il capo della Chiesa cattolica in Argentina è stato tutelato dall'articolo 250 del codice di procedura penale che stabilisce che i dignitari ufficiali "non hanno l'obbligo di comparire" in tribunale, in modo che il pubblico ministero ha dovuto recarsi presso la sede Vescovile.

     Secondo Luis Zamora, avvocato querelante, il Cardinale "non potè giustificare il motivo per cui questi due sacerdoti erano in uno stato di impotenza ed esposti", ha detto che  la testimonianza di Bergoglio "ha dimostrato in modo molto forte il ruolo sinistro della Chiesa ", durante l'ultima dittatura militare. 





    Zamora ha sottolineato i "piccoli dettagli" che Bergoglio ha offerto nella sua dichiarazione e, in questo senso, ha sostenuto che "le cose non erano descritte secondo quello che lui (da Bergoglio) ha detto."

    Zamora non ha escluso che la causa chieda di esibire i documenti della Chiesa Cattolica, in quanto Bergoglio tutte le informazioni che aveva ricevuto allora sulla sorte dei due sacerdoti rapiti, le aveva trasmesse ai suoi superiori nella Chiesa cattolica.

    Durante il processo storico alle giunte militari condotto nel luglio 1985, l'Orlando Yorio-sacerdote rapito a ESMA tra maggio e ottobre 1976 - ha detto:

     "Bergoglio non ci ha avvertito del pericolo in divenire." 

    Anni dopo, il sacerdote che è morto nell'agosto 2000 ha negato che l'attuale Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio abbia fatto qualcosa per la sua libertà "tutto il contrario".

    Il padre Yorio aveva tanta paura di Bergoglio; nel 1992, quando Antonio Quarracino lo ha nominato vescovo ausiliare, Yorio si trasferì in Uruguay. 

    "Non ho alcuna prova per ritenere che Bergoglio ci ha liberati, al contrario. Ai miei fratelli ha detto che mi avevano sparato, non so se lo disse come cosa possibile o sicura, in modo che preparassero mia madre. Bergoglio, quando fui rilasciato mi ha confessato di essere stato visitato due volte da un agente di polizia per avvisarlo della nostra fucilazione. Al di fuori del paese, il New York Times ha pubblicato la notizia della nostra morte, la Croce Rossa Internazionale aveva tali informazioni, "

    ha narrato Yorio. Dal suo punto di vista, Bergoglio "ha avuto comunicazione con l'ammiraglio Massera, che avrebbe riferito che io ero il capo dei guerriglieri e così si lavò le mani e adottò il doppio atteggiamento. Non si aspettavano che non si sarebbe riuscito a trovare nulla per accusare me, né che ne uscissi vivo". 

    Il padre Yorio ha sostenuto che Bergoglio andò alla centrale operativa della Marina in cui è statoprigioniero alcuni mesi dopo aver lasciato l'ESMA. "Una volta ci hanno detto che avevamo una visita importante. E' venuto un gruppo di persone che non ho potuto vedere perché eravamo con gli occhi bendati, ma ho riconosciuto Francisco Jalics Bergoglio ,» disse il prete. Non ci furono solo le sensazioni di Yorio ma fu lo stesso Bergoglio che riferì ai parenti di aver visto Yorio e Jalis e diede dettagli che risultarono essere corretti. 

    Nel suo libro Chiesa e dittatura, pubblicato nel 1986, quando Bergoglio non era conosciuto al di fuori del mondo ecclesiastico, Emilio Mignone lo ha citato come un esempio di "la complicità sinistra" ecclesiastica con i militari, che "sono stati incaricati di svolgere il lavoro sporco di pulizia nel cortile della Chiesa, con l'acquiescenza dei prelati ". Secondo il fondatore del Centro per gli studi giuridici e sociali "a volte il via libera è stato dato dagli stessi vescovi". 

    Per molti sacerdoti, Bergoglio è responsabile che la Compagnia di Gesù in Argentina sia retrograda, conservatrice, con una posizione vicina al fondamentalismo; caso unico al mondo, perché i gesuiti spiccano diversamente.

    Altre macchie scure intorno a vita Bergoglio è che non ha mai voluto comparire in tribunale. Quando si è svolto il processo contro le giunte, Yorio ha chiesto che comparisse ed è stato convocato ma ha rifiutato di presentarsi, sostenendo che era malato a Cordoba. 

    Questo atteggiamento spiega tutto il peso della Chiesa che è stata contro la revisione giurisdizionale dei crimini commessi durante la dittatura militare. 

    Vicino al potere militare in generale e in particolare la Marina Militar,  il cardinale Bergoglio è strettamente legato all'ammiraglio Emilio Massera attraverso l'Università di El Salvador, che è stata gestita dall'organizzazione Guardia di Ferro. All'interno della struttura del masserismo, questa organizzazione paramilitare è intervenuta nella appropriazione dei beni dei dispersi. 

    La dimenticanza del Cardinale si estende certamente a un incidente il 25 novembre 1977, quando ha integrato il personale dell'Università di El Salvador. Quel giorno il USAL ha assegnato al capo della Marina, Emilio Eduardo Massera, il titolo di "Doctor Honoris Causa", in una cerimonia pubblica. 

    I dati di questa onorificenza in possesso dell'ammiraglio Cero, sono misteriosamente scomparsi dagli archivi dell'Università, perché sicuramente c'è chi ha proposto e quali sono state le motivazioni per laureare un assassino.

    Questo Lunedi ', il genocida Massera, che si porta nella tomba il segreto dei suoi legami con il cardinale, ha pronunciato un discorso ampolloso sull'indifferenza dei giovani, l'amore promiscuo e droghe allucinogene "derivazione prevedibile" ela "sensibille escalation" "dell'estremizzazione della fede terrorista".

    In quella occasione, il pluripremiato maestro della ESMA ha detto che l'università è "lo strumento più in grado di lanciare una controffensiva" dell'Occidente. Mentre è stato applaudito con fervore, il discreto Bergoglio non è salito in cattedra quel giorno; lo hanno fatto gli accoliti dlla Guardia di Ferro . Traduzione, .. da


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    http://pacosalud.blogspot.it/2013/03/mas-sobre-bergoglio-y-la-dictadura.html
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    Un laico católico y un ex jesuita revelan las relaciones de Bergoglio con Massera y la represión. Una patota operativa golpeó a la novia del primero dentro del Colegio Máximo para que revelara dónde encontrarlo. El sacerdote manejaba el auto de Bergoglio, quien le contó sus encuentros con Massera y le habló del plan político del ex dictador. Una monja y una ex religiosa hablan del rol de Bergoglio en el secuestro de Yorio y Jalics.
    La plana mayor jesuita en 1976. De izquierda a derecha, Víctor Zorzín, Rector del Colegio Máximo; Andrés Swinnen, Maestro de Novicios; Jorge Bergoglio, Prepósito Provincial; Carlos Cravena, Ministro del Colegio Máximo o vice superior, e Hipólito Salvo, ex Provincial en la Argentina.

    El médico Lorenzo Riquelme, hoy de 58 años y residente en Francia, dice que la patota que lo secuestró y lo torturó en 1976 salió de la sede principal de la Compañía de Jesús, donde vivía y era principal responsable el superior provincial Jorge Mario Bergoglio. Riquelme tenía militancia en la Juventud Peronista y en el movimiento cristiano vinculado con los curas del tercer mundo. Para averiguar dónde encontrarlo golpearon a su novia, que trabajaba en el Observatorio de Física Cósmica de San Miguel, dentro del predio del Colegio Máximo. Riquelme cree que se trató de un grupo operativo de la Armada que tomó posiciones allí después del golpe. En esos apremios participó un sacerdote que con autorización de Bergoglio era capellán militar de la Escuela de Suboficiales General Lemos, en la vecina guarnición de Campo de Mayo. El ex jesuita Miguel Ignacio Mom Debussy, hoy de 63 años, hizo los votos el 13 de marzo de 1976 y Bergoglio fue su padrino de ordenación el 3 de diciembre de 1984. En los viajes entre San Miguel y la Ciudad de Buenos Aires en los que le hacía de chofer, Bergoglio le habló del proyecto político del jefe de la Armada, Emilio Massera, y le comentó que se había reunido con él varias veces.

    El mago González
    El Observatorio fue un lugar de encuentro de la militancia en los últimos años de la década del 60 y los primeros de la siguiente. Mucha gente de la zona almorzaba en su comedor, que era muy barato, y pasó a ser punto de reunión y de discusiones políticas. Entre quienes pasaron por allí estuvo Marcelo Kurlat, El Monra, uno de los dirigentes de las FAR, que luego del golpe murió al resistirse al secuestro por el grupo de tareas de la ESMA. El periodista Horacio Ríos trabajaba en la Municipalidad de San Miguel (hoy General Sarmiento), militaba en la JTP e integraba la comisión directiva del sindicato municipal. Su madre y su hermano trabajaban en el Observatorio. Ríos ayudó a crear una comisión interna muy combativa, que entre 1973 y 1975 logró importantes reivindicaciones. Los jesuitas no estaban muy conformes con que la efervescencia política de la que habían participado afectara sus propias instituciones. La esposa de Ríos era Graciela Podestá, quien entre 1999 y 2003 fue diputada bonaerense por el Frepaso. El ex jesuita Alberto Sily narra que poco antes del golpe muchos científicos y técnicos del Observatorio recibieron cartas con amenazas de la Triple A y cinco de los principales se exiliaron, en Uruguay y en México. Podestá y Ríos recuerdan a un jesuita de apellido español, que no trabajaba en el Observatorio pero vivía en el Colegio Máximo, que siempre “llegaba con dos tipos armados con FAL”.

    Ese fue el sacerdote que participó en los apremios a la novia de Riquelme. Su nombre era Martín González. Mientras la golpeaban, González le sugería que colaborara. “El torturador malo y el torturador bueno”, dice Riquelme. Antes que comenzara a operar la Triple A ese sacerdote se comportaba “como una ovejita” pero luego del golpe “pasó a ser un lobo”, dice Graciela Podestá. Mom Debussy se sorprendió al conocer ese rol. “Lo considerábamos muy bueno. Nos divertía con sus actos de prestidigitación. Cuando murió lo afeité y lo coloqué en el cajón”. Para Riquelme fue más que una sorpresa: “Era como si mi padre me hubiera traicionado, como una violación. Nosotros teníamos una agrupación de scouts, de la que González era capellán. Hacía magia, nos sacaba pañuelos de la oreja, nos enseñaba los trucos”. Ambos consideran imposible que estos hechos pudieran ocurrir sin aprobación de Bergoglio, quien ejercía un control absoluto sobre todo lo que ocurría en su sede. “Cuando asumió como provincial, en julio de 1973, mudó la curia provincial, que estaba en la calle Bogotá, de Caballito, al Colegio Máximo, para controlar mejor a los novicios y a los profesores. Allí se apropió del departamento del rector, y lo redecoró. Constaba de despacho, dormitorio y baño. Decía que cada uno es libre de hacer de su culo un florero, pero controlaba todo, desde la mentalidad a lo que hacías, se metía en las habitaciones individuales, revisaba cada cosa”, relata Mom Debussy.

    Lorenzo Riquelme entonces. El estudiante de medicina secuestrado por la patota que salió del Colegio Máximo.

    Mom Debussy se define como “la oveja negra de una familia de la oligarquía”. Por vía paterna desciende de Juan Martín de Pueyrredón y su abuelo materno era hermano del músico francés Claude Debussy. Su madre fue fundadora de la Democracia Cristiana, “de la línea garca de Manuel Ordóñez”. Eligió ser jesuita porque se llamaba Ignacio y era “la orden más aristocrática y combativa”. Riquelme, en cambio, proviene de una familia humilde y creció en el Barrio La Manuelita, a pocas cuadras del Máximo. “Pasaba el día con los jesuitas”, evoca. Cuenta que en “el pequeño Vaticano” que era San Miguel “todos se conocían. También los milicos vivían allí. Iban a misa en el Colegio Máximo y sus hijos estudiaban en los colegios católicos. Muchos militantes del Peronismo de Base vivían en el Barrio Villa Mitre y trabajaban en el Colegio Máximo, durante los años culminantes del progresismo católico, en 1972 y 1973. Había también ex seminaristas. Estaban en comunidades orientadas por el sacerdote italiano Arturo Paoli”. Bergoglio se encargó de suprimir ese fenómeno. En la primera congregación provincial que presidió, en abril de 1974, dijo que los jesuitas debían evitar lo que llamó las “ideologías abstractas no coincidentes con la realidad” y reaccionar con “sana alergia cada vez que se pretende reconocer a la Argentina a través de teorías que no han surgido de nuestra realidad nacional”. Mom Debussy recuerda que hacia fines de 1974, “Bergoglio nos mandó a una manifestación de Isabelita en la Plaza de Mayo”. María Estela Martínez de Perón salió al balcón “vestida de rosa y habló de anular contratos con la Siemens. Al frente de nuestro grupo puso al maestro de novicios Andrés Swinnen. Tuvimos que ir todos con una bandera argentina”. Bergoglio era amigo personal del coronel Vicente Damasco, a quien visitaba en su casa de la calle Asunción, en Villa Devoto. Damasco fue encargado de la custodia de Juan D. Perón y profesor de Planeamiento y Organización en la sede San Miguel de la Universidad jesuita del Salvador. Con el asesoramiento de Bergoglio elaboró un proyecto de reforma constitucional. El primero de sus ocho principios orientadores decía que “la Divinidad es la medida de todas las cosas”.

    El proyecto de Massera

    “Ahora dice que viaja en subte y colectivo. En la larga década en que yo lo serví no iba a ningún lado sin el auto, ni siquiera a los barrios que estaban a pocas cuadras, como La Manuelita”, refuta Mom Debussy, quien subrayó y anotó su ejemplar de El jesuita, la autobiografía que Bergoglio acaba de publicar en su descargo. Los viajes más largos eran entre San Miguel y la Ciudad de Buenos Aires. Varias veces le comentó encuentros con el miembro de la Junta Militar Emilio Massera. “Me dijo que quería proteger a los novicios y estudiantes (dos veces aparecieron milicos cuando yo estaba en el noviciado, nos hicieron salir, nos apuntaron. Después no nos acosaron más). Estaba en negociaciones con él porque quería que la Marina comprara el Observatorio de Física Cósmica, lindero al Colegio Máximo”. No se llegó a un acuerdo y en diciembre de 1977 lo compró la Fuerza Aérea. Varias personas que trabajaban allí “fueron secuestradas y cuando recuperaron su libertad, fueron despedidas por Bergoglio”, dice Riquelme. “Hay quienes dicen que los protegía, porque les pagó el último sueldo”.

    A Mom Debussy, Bergoglio también le habló en los viajes del proyecto político de Massera.

    –¿Con simpatía?

    –Seguro que con disgusto no. Le parecía bien que fuera contra Videla.

    Yoga y oración

    En La Manuelita estaba la parroquia Jesús Obrero. Allí se instaló el sacerdote Jorge Adur, quien era integrante de Montoneros, con tres seminaristas de la orden asuncionista que estudiaban teología en la Facultad que funcionaba en el Máximo. Con Adur tenían un vínculo afectivo pero no político, porque “para ellos toda la política era el diablo. Nos lo habían dicho a los pibes del barrio para desaconsejarnos la militancia. Meditaban diez horas por día, hacían yoga y oración. Pensaban irse a la Patagonia por un año a meditar. Eran contemplativos, como Jalics”, dice Riquelme. Dos de esos seminaristas, Carlos Antonio Di Pietro y Raúl Eduardo Rodríguez, fueron capturados el 4 de junio de 1976, en un operativo del Ejército y la policía con armas y uniformes a la vista. Adur no había ido a dormir esa noche al barrio. “Por la mañana los vecinos se turnaron para esperarlo en la parada de colectivo y avisarle para que se fuera.” Diez días después, “un grupo del Ejército me levantó a mi y a Haydé Balmaceda, de la Unidad Básica de La Manuelita, que era ayudante de una clínica. Creo que el lugar al que nos llevaron era una comisaría, a veinte minutos del Camino Negro, donde nos tuvieron encapuchados. Tenía celdas, baño y sala de torturas, con electricidad. Nos torturaron y nos preguntaron por esos curas y por la posta sanitaria de Montoneros”. Dos días después los sacaron en un camión, a las 4 de la mañana. Riquelme se cayó sobre una persona, que le preguntó:

    –¿Quien sos?

    –Lorenzo.

    –¡Que suerte, no quería morir sola! –le respondió Balmaceda.

    Los llevaron a un descampado y los hicieron arrodillar. “Yo quería morir de pie y gritando alguna consigna heroica como en las películas. Pero tenía la garganta cerrada. Me pegaron un empujón y se fueron. Pensé que estaba muerto. Haydé me decía que nacimos de nuevo el mismo día y que la gordura la salvó de que la violaran.”

    Guardias con FAL

    Durante los días de ausencia de Riquelme, el capellán Martín González le dijo a su novia: “Este se fue a curar guerrilleros”. La detuvo en el Colegio el grupo de marinos que se habían instalado en el Observatorio. Mientras le pegaban, González participaba. “Decí dónde está, mejor que hables porque si no no puedo hacer nada por vos”. Riquelme se había refugiado en la casa de una compañera de facultad, hija de un militar. A las nueve de la noche la novia no pudo resistir más. Lo llamó por teléfono al número que él le había dado, le preguntó dónde estaba y le pidió que la esperara allí. “Veinte minutos después caen y me levantan. Encapuchado, me llevan hasta una casa operativa, creo que en Bella Vista. No me creían que ya había estado secuestrado, me torturaban y me decían que había estado curando gente.” A la madrugada lo sacaron de allí. Uno lo asía del brazo.

    –¿Qué va a pasar? –preguntó Riquelme

    –No sé, están decidiendo –le respondió.

    Lo llevaron hasta una ruta y lo tiraron en una zanja. “Cuando se van me levanto, camino y reconozco que estoy a 200 metros del Colegio Máximo, en el barrio que está enfrente.” Recién días después, Riquelme pudo hablar con su novia. “Me cuenta que me entregó porque González le dijo que colaborara. Yo lo conocía desde que fui boy scout. Siempre venía de la Escuela Lemos con chofer en una F100 del Ejército, acompañado por dos guardias con FAL. Nunca pude acercarme para hablar con él.” Graciela Podestá recuerda que el sacerdote de apellido español comentó: “Espero que esto sirva de lección”.

    El uso de armas era habitual en el predio jesuita. “Bergoglio nos mandaba a hacer guardia nocturna con carabinas .22 y balas de plomo, cuando se recuperó la pileta de natación de los fondos del Máximo y hubo algún intento por bañarse de la gente del barrio aledaño, donde hacíamos catequesis y visitábamos las casas”, recuerda Mom Debussy. Riquelme fue uno de los jóvenes que lo intentaron. “El hermano Rivisic me tiró con la 22, porque me metía en la piscina. Me pasó cerca de la pierna y me dijo que la próxima vez me tiraba a pegar”, recuerda.

    Almuerzo con granadas

    En el Observatorio “había gente izquierdosa. Mariano Castex llevó ahí a muchos profesores de Exactas reprimidos en la noche de los bastones largos, curas progres, ex seminaristas. La Marina lo limpió. En 1975 hubo un Congreso controlado por el SIDE y la Marina”, dice Riquelme. Sus recuerdos coinciden con los de Mom Debussy. Ellos no se conocen y las entrevistas se realizaron por separado. “Bergoglio invitaba al Colegio Máximo a oficiales de Campo de Mayo, que venían de uniforme. Una vez llegaron varios con ropa de combate y unas granadas redondas colgando. Los recibió en el comedor viejo del tercer piso, que después el mismo Bergoglio clausuró. Estábamos cenando y llegaron con un capellán”, recuerda Mom Debussy. Podestá y Ríos cuentan que en el barrio corren historias sobre cuerpos enterrados en las adyacencias del Colegio Máximo y su viejo cementerio. Según esa leyenda un cuidador del Colegio y varios vecinos vieron fantasmas de gente sangrante.

    Después del segundo secuestro, Riquelme se fue a vivir en una casa de la calle Malabia al 1400, en la Ciudad de Buenos Aires, que pertenecía a la Faternidad de Hermanitos del Evangelio Charles Foucauld. Allí vivían los curas Jesús y Mauricio Silva Iribarnegaray. Mauricio trabajaba como barrendero municipal. El 22 de mayo de 1977, Riquelme se fue de la Argentina hacia Francia, donde aún vive. Su hija, nacida en París, se apasiona por entender aquella época. Desde hace dos años estudia Ciencias Políticas en la Argentina. “Mauricio me acompañó al aeropuerto. A él lo secuestraron quince días después”, y sigue desaparecido. En París, participó en la denuncia de las atrocidades de la dictadura. “Adur estaba deprimido. Algunos padres le escribieron que era un sinvergüenza que vive en el dorado exilio y a mi hijo lo mataron. Por eso aceptó ese rol ridículo de capellán del llamado Ejército montonero. Lo secuestraron en 1980 cuando llegó con documentos falsos e intentó ir a Brasil para acercar a las Madres de Plaza de Mayo al papa”. Desde París, Riquelme le hacía el control telefónico. Cuando Adur dejó de llamar, Riquelme avisó a los asuncionistas, que son dueños del diario La Croix, pero recién al cabo de una semana aceptaron publicar una nota en condicional. “Me decían que Adur sabía lo que le podía pasar. Jesús también sabía, les contesté”.



    Fama, dinero y poder

    La administración de Bergoglio dejó un faltante de unos seis millones de dólares en la contabilidad de la Compañía de Jesús, provenientes de aportes y donaciones que no se registraron en los libros. Un testimonio de primera mano. El acto político para el Bicentenario.

    Por Horacio Verbitsky

    Miguel Ignacio Mom Debussy ingresó al noviciado jesuita en 1973 y Bergoglio lo ordenó sacerdote en 1984. Dos años después se alejó de la Compañía de Jesús y recién en 1990 el provincial Víctor Zorzín firmó el decreto de dimisión como jesuita. En ese momento quedaron en evidencia los manejos económicos de Bergoglio en la administración de la Compañía de Jesús, donde se detectó un faltante equivalente a seis millones de dólares. Así lo relata el ex sacerdote:

    “Cuando murió mi abuelo, la herencia se repartió entre mis dos hermanas y yo. Le entregué mi parte a Bergoglio, en su despacho del Colegio Máximo, en billetes, y ni siquiera me dio un recibo”, dice. Cuando se retiró de la Compañía supo por el provincial Zorzín que tampoco lo registró en los libros contables de la Curia Provincial. Entre 1988 y 1989, Zorzín le devolvió 7300 dólares, en tres entregas. Ese monto correspondía a la actualización calculada por el sacerdote Vicente Pellegrini, Ecónomo de la Provincia en esos años. Mom Debussy entiende que esa fue una estimación muy conservadora, ya que lo que él le había entregado a Bergoglio equivalía al valor de un departamento de tres ambientes en Recoleta. Además de devolverle el dinero, Zorzín y el ex provincial Hipólito Salvo, quien era doctor en Derecho Canónico, le explicaron que Bergoglio debería haber depositado ese dinero en una cuenta bancaria a nombre del novicio, hasta que terminara su formación y pronunciara los votos solemnes o se le negaran. “En cualquiera de los dos casos, al llegar a esta instancia está prescripta la redacción de un testamento y la libre disposición de los fondos (siempre desprendiéndome de ellos, en virtud del solemne voto de pobreza) a favor de la Compañía, o de mis familiares, o de los Bomberos voluntarios de la Boca, pero siempre según la exclusiva voluntad del testador”. En el momento de la dimisión debería haberle restituido íntegro ese y cualquier otro dinero que hubiese sido depositado en la cuenta. “De haberlo sabido y existido la cuenta y los fondos, no hubiera esperado casi cuatro años para dimitir”, dice Mom Debussy, quien vivió con mucha angustia su regreso al mundo. Cuando dejó la Compañía fue pintor de brocha gorda, empleado en la Caja de Previsión para abogados de la Provincia de Buenos Aires, profesor de filosofía en los Colegios Andersen y Lincoln de Belgrano y director de estudios de un colegio en Patricios. También se casó y ahora trabaja como acompañante terapéutico.

    Mientras estaba en el Noviciado también vendió un departamento de un ambiente y medio, grande, con baño y cocina completos, alfombrado y con aire acondicionado, en Juncal entre Uriburu y Azcuénaga, para pagar los gastos médicos y de alimentación de su madre, hasta que murió en noviembre de 1975. Zorzín y Salvo le dijeron que la Provincia jesuita debería haberse hecho cargo de esos gastos y que también el dinero de ese departamento debería haberse depositado en la cuenta bancaria que nunca existió. “Bergoglio, como jesuita profeso y, más aún, como Provincial, no podía ignorar el normado y correcto modo de proceder (que yo no tenía por qué conocer, como jesuita novel que era)”. También le comentaron que la administración de Bergoglio dejó una contabilidad “plagada de omisiones y ocultamientos de ingresos (donaciones de particulares y aportes de la Curia General de la Compañía, de la Iglesia alemana y del Estado Nacional destinados al sostenimiento de los novicios y estudiantes jesuitas). Por auditorías internas y recolección de datos entre donantes y aportantes, calculaban un faltante de casi seis millones de dólares”.

    La carta manuscrita en la que Mom Debussy pidió al papa que lo dispensara del celibato sacerdotal y a la Compañía de Jesús de sus votos de pobreza, castidad y obediencia, en febrero de 1989 contiene observaciones categóricas sobre el ex Provincial. Escribió que “mi relación con el p. Jorge Mario Bergoglio me despersonalizó, me impidió madurar y acabó con la poca autonomía que me quedaba”. Mom Debussy escribe que debió soportar “opresión, falsedad y desprecio”. Su ingreso a la Compañía y su ordenación sacerdotal fueron errores influenciados por “mi falta de libertad y la opresión ‘paternal’ y ‘lavado de cerebro’ provocados con el consentimiento de mi debilidad, confusión y temor a la soledad y el desprecio por el p. Bergoglio”, a quien “considero un demente en el mejor de los casos y una mala persona en muchos otros”. Luego de dos años de alejamiento, en los que “he podido conocerme mejor, sentirme un ser humano y un ser libre”, Mom Debussy dice que “prefiero este mundo pecador, donde los corruptos no pasan por virtuosos, o al menos, buscando fama, dinero y poder, no se camuflan detrás de profesiones de pobreza ni proclaman la virtud suprema de la caridad, mientras impunemente destruyen a otros seres humanos, tan hijos de Dios como ellos. Fuera de la isla eclesiástica las cosas son llamadas por su nombre y finalmente nadie engaña a nadie”. Luego de consignar que guarda un amable y afectuoso recuerdo de muchos jesuitas, concluye que “a los otros, a los mentirosos y los hipócritas, los indignos y los cobardes, ya es hora de olvidarlos”. Para Mom Debussy, “Bergoglio es un sociópata que no titubeó en someter psicológicamente a todos los jesuitas que pudo, empezando por los novicios y escolares (entre los cuales me contaba). Logró su cometido, en general. Varios de los damnificados terminamos dimitiendo de la Compañía. También, me consta, actuó sin ningún escrúpulo contra otros jesuitas (del Centro de Investigaciones y Acción Social, CIAS) y laicos allegados a la Compañía, especialmente en la Universidad del Salvador”. Cuando Ubaldo Calabresi sucedió como nuncio a Laghi, en 1981, Bergoglio lo llevó al Máximo y lo invitó a celebrar la misa en latín. “Nadie entendió nada”, dice Mom Debussy. Cuando su compañero Jorge Seibold fue designado Rector de Filosofía de la sede San Miguel de la Universidad del Salvador, Bergoglio lo hizo arrodillarse en la capilla del Máximo y decir el juramento contra el modernismo que Pio X estableció en 1910 y que estaba en completo desuso. (El contenido de ese juramento es muy similar a los cuestionamientos del cardenal Antonio Caggiano al Movimiento de Sacerdotes para el Tercer Mundo). “Bergoglio se jactaba de haberlo obligado a ese juramento, y uno de sus libros de cabecera era El Príncipe”, recuerda Mom Debussy.

    Fama, dinero y poder

    La administración de Bergoglio dejó un faltante de unos seis millones de dólares en la contabilidad de la Compañía de Jesús, provenientes de aportes y donaciones que no se registraron en los libros. Un testimonio de primera mano. El acto político para el Bicentenario.
     Por Horacio Verbitsky
    Miguel Ignacio Mom Debussy ingresó al noviciado jesuita en 1973 y Bergoglio lo ordenó sacerdote en 1984. Dos años después se alejó de la Compañía de Jesús y recién en 1990 el provincial Víctor Zorzín firmó el decreto de dimisión como jesuita. En ese momento quedaron en evidencia los manejos económicos de Bergoglio en la administración de la Compañía de Jesús, donde se detectó un faltante equivalente a seis millones de dólares. Así lo relata el ex sacerdote:
    “Cuando murió mi abuelo, la herencia se repartió entre mis dos hermanas y yo. Le entregué mi parte a Bergoglio, en su despacho del Colegio Máximo, en billetes, y ni siquiera me dio un recibo”, dice. Cuando se retiró de la Compañía supo por el provincial Zorzín que tampoco lo registró en los libros contables de la Curia Provincial. Entre 1988 y 1989, Zorzín le devolvió 7300 dólares, en tres entregas. Ese monto correspondía a la actualización calculada por el sacerdote Vicente Pellegrini, Ecónomo de la Provincia en esos años. Mom Debussy entiende que esa fue una estimación muy conservadora, ya que lo que él le había entregado a Bergoglio equivalía al valor de un departamento de tres ambientes en Recoleta. Además de devolverle el dinero, Zorzín y el ex provincial Hipólito Salvo, quien era doctor en Derecho Canónico, le explicaron que Bergoglio debería haber depositado ese dinero en una cuenta bancaria a nombre del novicio, hasta que terminara su formación y pronunciara los votos solemnes o se le negaran. “En cualquiera de los dos casos, al llegar a esta instancia está prescripta la redacción de un testamento y la libre disposición de los fondos (siempre desprendiéndome de ellos, en virtud del solemne voto de pobreza) a favor de la Compañía, o de mis familiares, o de los Bomberos voluntarios de la Boca, pero siempre según la exclusiva voluntad del testador”. En el momento de la dimisión debería haberle restituido íntegro ese y cualquier otro dinero que hubiese sido depositado en la cuenta. “De haberlo sabido y existido la cuenta y los fondos, no hubiera esperado casi cuatro años para dimitir”, dice Mom Debussy, quien vivió con mucha angustia su regreso al mundo. Cuando dejó la Compañía fue pintor de brocha gorda, empleado en la Caja de Previsión para abogados de la Provincia de Buenos Aires, profesor de filosofía en los Colegios Andersen y Lincoln de Belgrano y director de estudios de un colegio en Patricios. También se casó y ahora trabaja como acompañante terapéutico.
    Mientras estaba en el Noviciado también vendió un departamento de un ambiente y medio, grande, con baño y cocina completos, alfombrado y con aire acondicionado, en Juncal entre Uriburu y Azcuénaga, para pagar los gastos médicos y de alimentación de su madre, hasta que murió en noviembre de 1975. Zorzín y Salvo le dijeron que la Provincia jesuita debería haberse hecho cargo de esos gastos y que también el dinero de ese departamento debería haberse depositado en la cuenta bancaria que nunca existió. “Bergoglio, como jesuita profeso y, más aún, como Provincial, no podía ignorar el normado y correcto modo de proceder (que yo no tenía por qué conocer, como jesuita novel que era)”. También le comentaron que la administración de Bergoglio dejó una contabilidad “plagada de omisiones y ocultamientos de ingresos (donaciones de particulares y aportes de la Curia General de la Compañía, de la Iglesia alemana y del Estado Nacional destinados al sostenimiento de los novicios y estudiantes jesuitas). Por auditorías internas y recolección de datos entre donantes y aportantes, calculaban un faltante de casi seis millones de dólares”.
    La carta manuscrita en la que Mom Debussy pidió al papa que lo dispensara del celibato sacerdotal y a la Compañía de Jesús de sus votos de pobreza, castidad y obediencia, en febrero de 1989 contiene observaciones categóricas sobre el ex Provincial. Escribió que “mi relación con el p. Jorge Mario Bergoglio me despersonalizó, me impidió madurar y acabó con la poca autonomía que me quedaba”. Mom Debussy escribe que debió soportar “opresión, falsedad y desprecio”. Su ingreso a la Compañía y su ordenación sacerdotal fueron errores influenciados por “mi falta de libertad y la opresión ‘paternal’ y ‘lavado de cerebro’ provocados con el consentimiento de mi debilidad, confusión y temor a la soledad y el desprecio por el p. Bergoglio”, a quien “considero un demente en el mejor de los casos y una mala persona en muchos otros”. Luego de dos años de alejamiento, en los que “he podido conocerme mejor, sentirme un ser humano y un ser libre”, Mom Debussy dice que “prefiero este mundo pecador, donde los corruptos no pasan por virtuosos, o al menos, buscando fama, dinero y poder, no se camuflan detrás de profesiones de pobreza ni proclaman la virtud suprema de la caridad, mientras impunemente destruyen a otros seres humanos, tan hijos de Dios como ellos. Fuera de la isla eclesiástica las cosas son llamadas por su nombre y finalmente nadie engaña a nadie”. Luego de consignar que guarda un amable y afectuoso recuerdo de muchos jesuitas, concluye que “a los otros, a los mentirosos y los hipócritas, los indignos y los cobardes, ya es hora de olvidarlos”. Para Mom Debussy, “Bergoglio es un sociópata que no titubeó en someter psicológicamente a todos los jesuitas que pudo, empezando por los novicios y escolares (entre los cuales me contaba). Logró su cometido, en general. Varios de los damnificados terminamos dimitiendo de la Compañía. También, me consta, actuó sin ningún escrúpulo contra otros jesuitas (del Centro de Investigaciones y Acción Social, CIAS) y laicos allegados a la Compañía, especialmente en la Universidad del Salvador”. Cuando Ubaldo Calabresi sucedió como nuncio a Laghi, en 1981, Bergoglio lo llevó al Máximo y lo invitó a celebrar la misa en latín. “Nadie entendió nada”, dice Mom Debussy. Cuando su compañero Jorge Seibold fue designado Rector de Filosofía de la sede San Miguel de la Universidad del Salvador, Bergoglio lo hizo arrodillarse en la capilla del Máximo y decir el juramento contra el modernismo que Pio X estableció en 1910 y que estaba en completo desuso. (El contenido de ese juramento es muy similar a los cuestionamientos del cardenal Antonio Caggiano al Movimiento de Sacerdotes para el Tercer Mundo). “Bergoglio se jactaba de haberlo obligado a ese juramento, y uno de sus libros de cabecera era El Príncipe”, recuerda Mom Debussy.
    Intervista di Giampiero Calapà uscita su Il Fatto Quotidiano di oggi

    “Ho i documenti, papa Francesco collaborò con i dittatori”

    Lo scrittore e giornalista argentino Horacio Verbitsky conferma le responsabilità del nuovo pontefice negli anni del regime dei generali: “Le carte che ho trovato non lasciano dubbi. Da parte sua nessuna richiesta di perdono, solo ambiguità. La sua elezione è una disgrazia per l’Argentina e il Sudamerica”

    “Una disgrazia, per l’Argentina e per il Sudamerica”. È feroce il giudizio di Horacio Verbitsky, intellettuale, scrittore e giornalista di Buenos Aires, su Jorge Mario Bergoglio eletto papa della Chiesa cattolica. Verbitsky – autore di venti libri tra cui Il Volo (che riporta la confessione del capitano Scilingo sui voli della morte) – è il principale accusatore di Bergoglio: il neo pontefice, per lo scrittore – come ricostruito e documentato nel capitolo “Le due guance del cardinale” del suo libro L’isola del silenzio – “è stato collaborazionista della dittatura argentina dei generali”.
    Verbitsky, Bergoglio papa è “una disgrazia per l’Argentina e il Sudamerica”. Perché?
    Perché il suo populismo di destra è l’unico che può competere con il populismo di sinistra. Immagino che il suo ruolo nei confronti del nostro continente sarà simile a quello di Wojtyla verso il blocco sovietico del suo tempo, sebbene ci siano differenze fra le due epoche e i due uomini. Bergoglio combina il tocco populista di Giovanni Paolo II con la sottigliezza intellettuale di Ratzinger. Ed è più politico di entrambi.
    Che cosa facevano i due gesuiti Yorio e Jalics nella baraccopoli di Bajo Flores?
    I gesuiti vivevano in comunità ed evangelizzavano gli abitanti dei quartieri marginali, come parte dell’impegno “terzomondista” della Compagnia di Gesù.
    Per quale motivo Bergoglio avrebbe dovuto denunciarli?
    Con l’avvicinarsi del golpe, Bergoglio chiese loro di andarsene, a quanto racconta lui allo scopo di proteggerli. Secondo loro, per smantellare quell’impegno sociale che disapprovava. Venne nominato superiore provinciale della Compagnia all’inusuale età di 36 anni e da quando arrivò, iniziò a svolgere un compito di sottomissione alla disciplina, a uno spiritualismo astratto. Un documento di un servizio di intelligence che ho trovato nell’archivio della Cancelleria si intitola “Nuovo esproprio dei gesuiti argentini” e afferma che, “nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la compagnia in Argentina non si è ripulita. I gesuiti di sinistra, dopo un breve periodo, con grande appoggio dell’estero e di certi vescovi terzomondisti, hanno intrapreso subito una nuova fase”. Si tratta della Nota-Culto, cassa 9, bibliorato b2b, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9.
    I documenti che ha trovato, nella sua lunga indagine, negli archivi del ministero degli Esteri di Buenos Aires, per lei sono la prova definitiva del collaborazionismo di Bergoglio con il regime di Videla?
    Sì. Ho trovato una serie di documenti che non lasciano dubbi . In uno, Bergoglio firma la richiesta di rinnovo del passaporto di Jalics senza necessità che venisse dalla Germania. In un altro, il funzionario che riceve la richiesta consiglia al ministro di rifiutarla. In un altro ancora, lo stesso funzionario spiega e firma che Jalics, sospettato di contatti con i guerriglieri, ebbe conflitti con la gerarchia, problemi con le congregazioni femminili (la qual cosa è molto suggestiva), che fu detenuto nella Esma, la Escuela de Mecánica de la Armada (non dice sequestrato ma detenuto) e che si rifiutò di obbedire agli ordini. Finisce dicendo che queste informazioni gli vennero fornite proprio da Bergoglio, oggi papa Francesco.
    Da Bergoglio arrivarono le scuse per gli anni della dittatura, nel 2000, quando la chiesa argentina “indossò” le vesti della pubblica penitenza. Crede che non basti?
    Non c’è mai stata una vera richiesta di perdono, sempre ambiguità. Non è la Chiesa, ma sono alcuni dei suoi figli ad aver peccato e per loro chiedono il perdono.
    Personaggi molto popolari come Maradona o Messi hanno espresso felicità per l’elezione di Bergoglio al Pontificato. La cosa le ha dato fastidio?
    No. Aspetto di vedere cosa diranno Pirlo e Balotelli. È ovvio che c’è un trionfalismo generalizzato: il papa è argentino, la regina d’Olanda è argentina, Maradona e Messi sono argentini. Ma questo non dice nulla su Bergoglio e sui suoi meriti. La Kirchner non lo ama, ha avuto degli scontri su temi come le nozze gay con Bergoglio.
    Crede che ci sarà mai un incontro tra la presidenta e il papa argentino?
    Suppongo di sì, lei è molto conciliante con la Chiesa. Non nasconde mai quello che pensa, ma cerca di mantenere buoni rapporti ed è contraria all’aborto. Il matrimonio omosessuale fu un’iniziativa di Néstor Kirchner, il marito, ex presidente.
    Bergoglio ha scelto il nome di Francesco. Molti lo apprezzano per uno stile di vita umile.
    Naturalmente, è uno tra mille simboli. Il papa austero, come il poverello di Assisi, che viaggia in bus e metropolitana, che usa scarpe consunte, che celebra messa nella stazione ferroviaria per i più poveri, dei quali ha pietà tra l’indifferenza dei soddisfatti e dei corrotti. Populismo conservatore, imprescindibile per sbiancare i sepolcri vaticani, aperti per il riciclaggio del denaro, la pedofilia e la lotta tra fazioni. Sarà semplice come Giovanni, severo come Paolo, sorridente come Giovanni Paolo I, iperattivo e populista come Giovanni Paolo II e sottile come Benedetto.
    Bergoglio disse di aver molta stima di lei, ma che il suo libro è “un’infamia”. Non ha mai avuto modo di incontrarlo? Lo farebbe adesso che è papa?
    Quando pubblicai L’isola del silenzio inviò un sacerdote a chiedermi perché lo avessi fatto, nonostante avessimo un bel rapporto e amici in comune che ci presentarono. Replicai con un’altra domanda: che avrei dovuto fare con i documenti che avevo trovato? Bruciarli? Fingere di non averli visti? Questa sì che sarebbe stata un’infamia.

    E ANCORA SE NON NE AVETE ABBASTANZA... da http://www.namir.it/gesuita.htm

    PAPA GESUITA

    I MASSONI CONTROLLANO TUTTO

    HA VINTO L'AMERICA !

    Jorge Mario Bergoglio insieme al dittatore argentino Videla
    Già all'indomani del conclave che elesse Ratzinger, Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, tra i più votati anche allora, venne accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila persone. Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L'isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio Verbitsky. Stella Spinelli, su Peacereporter, ne scrisse già all'epoca.

    Nei primi anni 70, Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Nel febbraio del '76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati: li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all'allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l'autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera per la strage. Per i due si spalancò per sei mesi l'orrore della Scuola di meccanica della marina (Esma), poi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano. In quella scuola, in quei giorni, il Nunzio apostolico Pio Laghi giocava a tennis con i capi dei torturatori come hanno più volte denunciato le Madres de la plaza de Mayo. 

    Bergoglio si difese spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia ma, dagli archivi del ministero degli Esteri, sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti. Nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell'Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l'istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell'Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c'è scritto: "Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell'Esma". La fonte di queste informazioni su Jalics era proprio il Superiore provinciale, Bergoglio. In un altro documento si dice che: "Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall'esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase" (Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9). 

    "Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti - dichiarò il futuro papa a Verbitsky - tra l'altro perché non ho mai creduto che lo fossero", peccato che padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi dalle torture nell'Esma, raccontò il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall'Argentina: "Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi. Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l'ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece". Bergoglio, durante la dittatura militare, era nella Guardia di ferro, un'organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena nazistoide, quelli di Codreanu. "Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio - scrisse Verbitsky - Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo».

    Da presidente dei vescovi argentini, molti anni dopo, Berglglio ha spinto la Chiesa argentina a pubblicare una sorta di mea culpa in occasione del 30esimo anniversario del colpo di Stato, nel 2006. "Ricordare il passato per costruire saggiamente il presente" era il titolo della missiva apostolica».
    Il vescovo Bouffard, che ha lasciato la Chiesa ed ora è un “Cristiano Rinato” che vive in Canada, ha raggiunto la sua conclusione dopo aver lavorato sei anni in Vaticano, con l’incarico di trasmettere la corrispondenza giornaliera riservata tra il Papa ed i dirigenti dell’Ordine dei Gesuiti. Monsignor Peter Hans Kolvenbach, il Papa Nero, controlla tutte le più importanti decisioni prese dal Papa e questi a sua volta controlla gli Illuminati, ha dichiarato il vescovo Bouffard, nel corso della trasmissione radiofonica di Greg Szymanski, The Investigative Journal, all’indirizzo www.gcnlive.com , dove le registrazioni di queste dichiarazioni possono essere ascoltate nella loro interezza.
    Il Papa prende ordini da Kolvenbach; i Gesuiti sono tra i leader del Nuovo Ordine Mondiale, con il compito di infiltrarsi in altre religioni ed tra le leader di vari governi, per di realizzare un unico governo mondiale ed una religione mondiale unica, basata sul Satanismo e “Lucifero”.
    Una testimonianza che conferma quella di altri ricercatori, come Bill Hughes, autore degli sconvolgenti libri The Enemy Unmasked e The Secret Terrorists, o come l’altro ricercatore sull’Ordine dei Gesuiti Eric Jon Phelps, autore di Vatican Assassins. Oltre a dipingere un cupo ritratto del Papa Nero in Roma, il vescovo Bouffard rivela che il potere malefico dei Gesuiti si estende da un capo all’altro del mondo, inclusa una solida infiltrazione del governo Usa, del Consiglio delle Relazioni Estere e delle maggiori organizzazioni religiose. Il vescovo Buffard proclama che i Gesuiti agiscono come perfetti camaleonti, assumendo l’identità di Protestanti, Mormoni, Battisti e Giudei, con l’intenzione di causare il tracollo degli Usa così come di portare la nazione sotto una religione mondiale unica, fondata in Gerusalemme e sotto il controllo del loro leader, “Lucifero”.
    Nel corso della storia l’Ordine dei Gesuiti è stato collegato a guerra e genocidio, venendo formalmente bandito da molte nazioni, comprese Francia ed Inghilterra. Molti ricercatori proclamano che i Gesuiti sono i concreti controllori spirituali del Nuovo Ordine Mondiale. Comunque, con più di 28 grandi università che vanno da costa a costa, l’Ordine ha costituito una forte base di appoggio politico e finanziario, compreso il controllo segreto del Council on Foreign Relations (CFR) ed il controllo di molte banche, come la “Bank of America” ed il “Federal Reserve Banking System”.
    Un’altra testimonianza dello stesso segno sui gesuiti viene offerta dall’articolo, molto documentato, di Riccardo Tristano Tuis “La multinazionale dell’anticristo” su “Punto Zero” di “Nexus New Times” n. 99 di settembre 2012. L’autore ricostruisce tutta la storia scellerata dei gesuiti. Parla della loro pratica di “evangelizzazione” come strumento per commercializzare la salvezza eterna. Dice che i gesuiti rappresentano la “Intellighenzia” della Chiesa di Roma. Esplorano scrupolosamente ogni ramo del sapere, dalla astrologia alla divinazione, fino ad arrivare all’ermetismo e alla magia.
    Le loro scuole sono diffuse ovunque nel mondo, Italia compresa. Lungo è l’elenco dei Capi di Stato e dei governanti, passati e recenti, che hanno studiato e subito l’influsso dei gesuiti. La Santa sede è stata la principale promotrice del Trattato di Roma, prima, e della Unione europea delle banche poi; dei trattati UE e delle vicende che hanno infine portato Mario Monti – membro della Trilateral, del gruppo Bilderberg e alunno dei gesuiti – alla guida del governo italiano. I gesuiti furono molto ammirati da Hitler e da Himler, mentre il presidente USA Abramo Lincoln rivolse accuse pesantissime ai gesuiti. Poco prima di morire disse che stava combattendo non solo contro i sudisti, ma “in misura maggiore contro il Papa di Roma, i suoi perfidi gesuiti e i loro schiavi ciechi ed assetati di sangue”.
    Il braccio armato dei gesuiti è formato dai “Cavalieri di Malta” e dai “Cavalieri di San Colombo” presenti nelle “intelligence” USA ed europee. Il Corpo Militare dell’esercito della “associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano militare dell’Ordine di Malta” è un corpo militare volontario ausiliario dell’Esercito italiano diviso in tre reparti. Poiché i loro comandanti sono tutti Cavalieri dell’ordine di Malta, dovremmo chiederci: costoro a chi hanno prestato giuramento, all’Italia o al sovrano ordine militare di Malta. Un quesito importante ora che è nata la “Eurogendfor”, il primo Corpo militare della UE a carattere sovra-nazionale, svincolato da regole e leggi nazionali. Esso può anche reprimere proteste popolari, senza commettere reato (come abuso di potere, violenza, ecc.) e senza noie giudiziarie.
    Tristano Tuis ricorda anche che le principali banche del mondo furono create tra il 1760 e il 1860, periodo che vide i gesuiti impiegare le enormi ricchezze della Chiesa cattolica nei mercati mondiali. Già nel 1790 i gesuiti assumono il controllo del vaticano con la  multinazionale che l’autore definisce dello “Anticristo”: una potentissima multinazionale “più aggressiva e sanguinaria” di qualsiasi altra che, avvalendosi della “evangelizzazione”, costituisce una rete bancaria tentacolare che ha “ingurgitato multinazionali e governi” arrivando fino ai giorni nostri.
    L’autore asserisce che la “Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica” è molto più potente dello IOR (Istituto delle Opere Religiose), che pure ha prodotto scandali finanziari (Sindona), il crac del banco ambrosiano, il riciclaggio dei narcodollari, ecc. Tuis ricostruisce poi la storia delle banche mondiali in tre fasi: quella aperta dei protestanti inglesi che sostengono l’impero britannico (prima fase); quella delle banche fondate in Olanda e Svizzere nel 1767 (seconda fase); quella delle banche create negli USA, Germania, Svizzera e Regno Unito. Banche sempre coinvolte a supporto delle guerre imperiali. Ad esempio La City Bank (New York, 1812), oggi Citibank, ha sostenuto i nordisti nella guerra di secessione statunitense; gli USA nella seconda guerra mondiale, gestendo traslazioni segrete tra USA e Germania nazista.
    Alcuni sostengono che i maggiori investimenti della Chiesa cattolica siano nella Federal Reserve USA (controllata così da 100 anni). Ancora, dietro la più grande rapina dei nostri giorni – il Signoraggio, con il quale le banche centrali stampano moneta e se ne appropriano, prestandolo agli Stati che si indebitano – si ipotizza che vi siano la Chiesa cattolica e i gesuiti. Il presidente Kennedy si oppose al “signoraggio bancario” puntando alla sovranità monetaria dello Stato e alla “moneta del popolo”. Fu ucciso a Dallas e la “moneta del popolo” fu subito distrutta.
    Ovviamente le Agenzie mediatiche e tutti i mass-media che contano, sono controllate dal potere sovra-nazionale e nazionale della rete bancaria. Ciò spiega la grande impostura quotidiana che subiamo quotidianamente in Europa e in Italia.
    In Italia il potere del Vaticano e dei gesuiti è più forte che altrove, per cui non è possibile chiudere occhi ed orecchie, come se le questioni descritte non condizionassero pesantemente la vita delle nostre famiglie e dell’intero Paese.

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